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Il piacere di appartenere ad uno “stile”

Il karate è una delle poche arti orientali in cui si distinguono i praticanti per “stile”, ed è difficilissimo incontrare un karateka che non sottolinei l’appartenenza della sua scuola ad uno “stile” piuttosto che ad un altro.
Questo fatto, innegabile e radicato, può apparire come un controsenso rispetto all’unità della disciplina, ed addirittura può essere interpretato come un desiderio di diversificare e classificare i praticanti. Ma, analizzando a fondo il problema, si capisce che le cose non stanno proprio così.

Innanzitutto chiariamo il concetto di stile. Siamo propensi ad identificare erroneamente con questo termine le diverse scuole: infatti nella terminologia classica giapponese si identifica nel kanji RYU il metodo di karate di un determinato Maestro o della relativa scuola.
Quindi con il kanji Ryu non s’identificano “stili” diversi di una stessa scuola, ma di scuole e metodi diversi. Lo stile invece lo possiamo intendere come il modo di interpretare un certo gesto da parte di una persona, per cui possiamo avere un interprete della stessa scuola che pratica con il suo stile.

A fronte di questa considerazione possiamo quindi sottolineare come la nascita delle diverse RYU sia frutto di necessità fisiche, culturali, sociali, ambientali e geografiche, senza dubbio ricche di fascino ed importanza.

Il praticante neofita, naturalmente, non si pone il problema dell’appartenenza ad una certa scuola, o di praticare un metodo di karate piuttosto che un altro, ma con il passare del tempo e l’aumento delle sue conoscenze tecniche e culturali, inizia a sentirsi parte integrante della sua RYU: ne diviene paladino, ambasciatore e testimone. Inconsciamente ne condivide le piccole o grandi differenze rispetto alle altre scuole, ne accetta le imperfezioni e ne esalta le qualità; è gratificato dal praticare circondato da persone che condividono la sua scelta. In parole povere ne subisce il fascino e il ryu diventa parte della sua persona.
Mentre agli albori del karate italiano la differenza tra i metodi era molto sentita, negli ultimi anni, grazie anche alle formule di gara inter stile di kumite e kata, la “rivalità” tra i ryu si è affievolita ed il confronto tecnico tra i diversi praticanti ha indubbiamente contribuito ad un miglioramento del karate nel suo complesso.
Ritengo però indispensabile, per rispetto e continuità della tradizione, mantenere vive le peculiarità gestuali tipiche di ogni scuola, particolarmente nella trasmissione dei kata così come sono stati codificati dai rispettivi Maestri capiscuola, poiché, tentando di unificare i gesti e le tecniche si rischierebbe inevitabilmente di togliere al karate una delle sue caratteristiche fondamentali che, assieme ad altre motivazioni, gli hanno permesso una diffusione senza eguali nel mondo.

Di seguito analizziamo le origini ed i personaggi più rappresentativi di ogni singola scuola, considerando che il termine “ryu” in giapponese significa anche “scorrere dell’acqua”. I Maestri fondatori delle varie ryu intendevano, aggiungendo al nome del metodo questo suffisso, sottolineare l’idea della trasmissione dell’arte di generazione in generazione, come appunto lo scorrere di un fiume.

Prima

Naha-te si basava originariamente sul sistema della Gru Bianca di Fujian della Cina meridionale, una delle varie branche del pugilato Cinese. Il Naha-te nacque nell’allora sobborgo di Naha, capitale commerciale dell’antico regno delle Ryukyu ed oggi capitale delle isole di Okinawa. Continuò a svilupparsi ed evolversi fino ad essere formalizzato negli anni ottanta. E’ caratterizzato da movimenti potenti piuttosto che veloci, con la conseguente enfasi sulla respirazione e sul controllo del Ki (“energia”). La sua pratica era considerata un privilegio delle sole famiglie cinesi, fino agli inizi del secolo XIX.

Lo Shuri-te si praticava nell’area intorno a Shuri, capitale del regno delle Ryukyu. Dallo Shuri-te derivarono alcuni degli stili di karate più diffusi. Caratterizzato da movimenti veloci piuttosto che potenti, e deriva dalla famosa Boxe di Shaolin o Shaolin Kempo originaria della Cina settentrionale. Veniva praticato dai bushi: o samurai della corte del castello di Shuri.

 Strettamente legato allo Shuri-te, il Tomari-te veniva praticato a Tomari, un villaggio abitato prevalentemente da contadini e pescatori.  Le tecniche, i  kata e i principi fondamentali di quest’ultima tradizione di combattimento, apparentemente scomparsa e dimenticata, sono stati assorbiti da quasi tutte le altre scuole di karate. Il Tomari-te è una tradizione in cui si conserva l’antico Tode-jutsu di Okinawa.

Dopo

Nei primi anni del XX secolo, furono fondate diverse organizzazioni ufficiali di arti marziali di Okinawa, e grazie alla loro influenza la parola “karate” divenne ampiamente accettata come un termine generico per qualsiasi tipo di arte marziale senza armi proveniente dall’isola. Con la popolarità del termine “karate”, la pratica di nominare ogni tipo di arte marziale a partire dalla sua area geografica di origine declinò.  I termini antichi elencati prima, non furono più necessari. Con l’avvento della JKA prima e della WKF più tardi, si riconoscono globalmente quattro stili principali e maggiormente praticati, elencati qui di seguito

Fondata da Chojun Miyagi (1888-1953) nel 1935. Miyagi è allievo di Higaonna, Maestro di Naha, deriva direttamente dal Naha-Te. Il nome trae origine dal terzo degli otto precetti del Bubishi (il libro tradizionale del Naha-te) che recita: “Essenziali sono l’inspirazione e l’espirazione in forza (go) e cedevolezza (ju)”. E’ uno stile caratterizzato dalla potente respirazione, dalle tecniche corte e rapide e dall’uso frequente delle tecniche a mano aperta. Movimenti lenti e potenti. Nove dei dodici kata del Goju-ryu sono stati trasmessi a Miyagi direttamente da Higaonna. Soltanto i due Gekisai e Tensho sono creazioni del fondatore.

Alberto Evangelista, allievo in Giappone di Gogen Yamagugi è da considerarsi il Maestro più rappresentativo del Goju ryu italiano.

Fondata da Kenwa Mabuni (1889-1952) nel 1938, diretto allievo di Itosu, celebre Maestro di Shuri e di Higaonna. Proprio dai nomi di Itosu (Ito in giapponese si legge anche “Shi”) e Higahonna (Higa si legge anche “To”) che il Maestro Mabuni, iscrive la propria scuola al Butokukai giapponese chiamandola Shito Ryu.

La tecnica della scuola Shito è caratterizzata dalla piacevole gestualità. In confronto ad altre scuole lo Shito può apparire meno potente ma la sua finezza tecnica, la velocità, i caratteristici spostamenti e l’uso del bacino rendono questo metodo uno tra i più apprezzati e diffusi al mondo. Agonisticamente lo Shito Ryu ha prodotto numerosi campioni internazionali specialmente nel settore femminile. Oggi è praticato molto anche da agonisti di Shotokan, che unendo l’esplosività e potenza di questo stile, riescono a far risaltare ulteriormente la tecnica e la velocità propria dello Shito. La scuola detiene il record per numero di kata, infatti la sua tradizione prevede lo studio di 33 kata provenienti da Itosu e 12 provenienti da Higaonna (gli stessi del Goju-ryu). I 4 codificati da Mabuni stesso sono: Aoyagi, Juroku, Myojo e Matsukaze.

In Italia lo Shito-Ryu è secondo in ordine di praticanti ed ha nei Maestri Zaupa, Ragno, Nucera e Iwasa i maggiori esperti. Come per lo Shotokan successivamente sono nate numerose branche.

Denominazione: WADO RYU 

Fondata da Hironori Otsuka (1892-1982) nel 1938. Otsuka, unico Maestro fondatore a non essere originario di Okinawa (nasce a Ibaragi, vicino a Tokyo) divenne allievo di Funakoshi nel1922 dopo aver praticato per 17 anni Ju-Jitsu. Si separerà dal Maestro per il desiderio di modernizzare quanto da lui imparato.

Otsuka impone al suo metodo il nome di “Via della Pace” su suggerimento dei suoi più fedeli allievi. (via=DO e Pace=WA). Può essere definito il più moderno metodo di karate. Posizioni alte, quasi in piede e movimenti leggeri e veloci, uniti a spostamenti e leve articolari lo rendono particolarmente idoneo al combattimento. E’ infatti dal Wado-Ryu che nasce la moderna concezione di gara sportiva nel karate. Per quanto riguarda i kata il Maestro Otsuka ha fissato in nove i Kata della sua scuola, codificando quelli che riteneva completi di tutti gli elementi necessari.

Il Wado ryu in Italia ha avuto momenti di grande popolarità. Tra i maggiori esponenti della scuola ricordiamo i Maestri Yamashita, Toyama, Yoshioka, Basile, Collamati e Piazzola.

Fondata da Gichin Funakoshi (1868-1957) nel 1938. Per un approfondimento sul personaggio vi rimandiamo alla pagina dedicata.

Funakoshi fu l’unico fondatore a tradurre in giapponese i nomi dei kata di origine cinese. Egli ha codificato quindici kata classici di cui il più caratteristico è il Kanku-Dai. In seguito sono stati aggiunti altri 11 kata divenuti parte integrante della scuola.

Lo Shotokan è praticato dalla maggioranza dei karateka italiani. Tra i Maestri più rappresentativi ricordiamo su tutti Hiroshi Shirai e Masaru Miura, che con i loro allievi sono stati i veri promotori di questo stile in Italia. Numerosi atleti italiani praticanti Shotokan Ryu hanno raggiunto vertici mondiali nelle gare di kata.

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