La leggenda…

Le prime antiche testimonianze di arti marziali risalgono ad un periodo compreso tra il 3000 ed il 2000 a.C. grazie al ritrovamento di due statuette babilonesi raffiguranti due uomini in posizione di guardia, mentre praticavano una rudimentale forma dell’odierna boxe. Tuttavia le fonti che testimoniano l’effettiva nascita delle arti marziali nell’antica Mesopotamia (territorio oggi corrispondenti all’Iraq, parte di Turchia, Siria, Iran, Arabia Saudita e Kuwait) sono poco chiare. L’unica certezza è che qualsiasi arte si fosse sviluppata in quelle zone ha viaggiato in un primo momento verso l’India e successivamente verso la Cina, dando origine alle arti marziali che conosciamo tutt’ora.
Il karate è una disciplina sportiva proveniente dal Giappone. Le sue origini sono tuttavia radicate nel substrato culturale dell’Asia, dove da sempre è esistito l’uso di combattere corpo a corpo sfruttando gambe e braccia.
E’ stato ormai ampliamente dimostrato dagli studiosi di arti marziali orientali come il karate tragga le sue origini nel “Vàjramushiti”, un metodo di lotta sviluppato da una casta aristocratico-militare dell’antica India: i “Kshatriya”. Proprio di tale casta fece parte l’uomo al quale la leggenda attribuisce un decisivo contributo allo sviluppo dell’antico karate: Bodhidharma, persiano nato intorno al 483 d.C., il quale alla morte del suo Maestro, partì alla volta della Cina, per incontrare l’Imperatore allo scopo di convertirlo al buddismo, ma le discrepanze di idee tra i due non consentirono a Bodhidharma di realizzare il suo intento. In seguito, nel suo viaggio (intorno al 520 d.C.), Bodhidharma volle incontrare, in prossimità del tempio di Shàolín-sì (Tempio Shaolin) i monaci locali. Egli si rese subito conto che i monaci, trascorrendo la maggior parte del tempo nel trascrivere manoscritti, mancavano di qualsiasi preparazione fisica e mentale necessaria alla pratica della meditazione buddista e, pertanto, insegnò loro una serie di movimenti destinati a sviluppare le loro forze fisiche che gli permise inoltre di difendersi dalle aggressioni dei briganti. Questi esercizi di “Yoga indiano” erano basati sui movimenti dei diciotto animali dell’iconografia indo-cinese ed erano le prime fondamenta del Kung-Fu Shaolin, formalizzati poi in un sistema d’arti marziali: il Shorinji Kempo (in giapponese) o Shaolinquan/chuan-fa/Kempo (in cinese). Da allora quei monaci divennero famosi non tanto per i loro insegnamenti, quanto per essere dei formidabili lottatori senza ricorrere all’uso delle armi: In pratica i progenitori del moderno Kung-fu da cui deriverebbe il karate.

…e la storia

Okinawa si trova a metà strada tra la costa giapponese e quella cinese ed è dotata quindi di un’enorme interesse strategico. Okinawa, originariamente era divisa in 3 regni, durante il periodo conosciuto come delle Tre Montagne. Il più importante dei regni avviò rapporti commerciali con la Cina che s’impegnò a fornire navi per l’attività commerciale, consentendo in cambio agli isolani di studiare a Pechino, dove quest’ultimi poterono apprendere la cultura, le arti e scienze cinesi. L’Imperatore fece arrivare sull’isola un nutrito gruppo di sudditi che vi si insediarono in modo permanente. Iniziò così a diffondersi la cultura cinese e le isole Ryu-Kyu (isole che formano l’arcipelago di cui faceva e fa tutt’ora parte l’isola di Okinawa) iniziarono poco a poco ad integrarsi con lo stile di vita e le tradizioni cinesi. Questi scambi, così come la presenza di militari cinesi sull’isola, portarono alla diffusione del kempo ad Okinawa. Intorno al 1400 si ebbe la coesistenza ad Okinawa di due sistemi di combattimento senza armi: il Kempo cinese e il Te (mano), quest’ultima già presente sull’isola. Con l’unificazione dei tre regni, avvenuta nel 1429, nacque un unico grande regno che vide un enorme ampliamento della sua rete commerciale, comprendendo Thailandia, Filippine e Giappone e non solo, trasformando Okinawa in un importante centro di scambi ed incontro di culture diverse.
Uno degli eventi decisivi per la nascita del karate, si ebbe intorno al 1509 quando il Re, temendo azioni bellicose contro la sua persona, vietò e sequestrò tutte le armi del regno e le fece mettere sotto chiave nel castello di Shuri (allora capitale delle isole Ryu-Kyu).
Si può affermare con sicurezza che anche la guerra tra Giappone e Corea ebbe una parte determinante nello sviluppo del karate. Aggredita dal Giappone, che aveva tentato uno sbarco in Corea, la Cina aveva chiamato a raccolta tutti i paesi satelliti per respingere gli invasori; Okinawa si schierò al fianco della Cina ma tale azione costò caro all’isola. Il Giappone, terminata la guerra, già sconvolto da secoli di lotte intestine, vide lo scoppiò dell’ennesima lotta tra i vari clan per la conquista del potere militare. Questi conflitti portarono alla nascita dello shogunato. Il clan Tokugawa, prevalse nel 1600 a seguito della battaglia di Sekigahara ed i suoi discendenti regnarono per più di due secoli sull’intero Giappone. Com’era costume, il clan perdente, quello degli Shimatsu, si ritirò nei suoi feudi, rappresentando pur sempre una minaccia per la sicurezza dei Tokugawa. Quest’ultimi concessero agli Shimatsu d’invadere e conquistare le isole Ryu-Kyu, regno indipendente ma reo di aver aiutato la Cina durante la guerra. Così, nel 1609, l’esercito del clan Shimatsu invase Okinawa e pose fine alla sua indipendenza annettendola così, pur non in modo formale, al Giappone. Okinawa si trovò soggetta a due regni, quello cinese e quello giapponese.
I nuovi conquistatori inasprirono le imposizioni già in atto: non solo rinnovarono il divieto di possedere armi ma persino gli utensili di uso quotidiano come bastoni e falcetti, dovevano essere chiusi nei magazzini durante la notte. Chiunque ne venisse trovato in possesso fuori dal luogo di lavoro, sarebbe stato condannato al carcere o alla morte. Gli abitanti si dedicarono allora allo studio di una forma di autodifesa da usare contro gli invasori, imparando ad usare al meglio le uniche armi in loro possesso: braccia e gambe. Iniziarono inoltre ad usare attrezzi agricoli e qualsiasi altro oggetto per contrastare i Samurai e le loro katane, sviluppando la pratica di quello che sarà poi in seguito noto come Kobudo (lotta con armi). La trasmissione di questi metodi di combattimento iniziò in segreto e col passare del tempo, complice anche l’impoverimento della classe nobiliare iniziò poco a poco la sua trasmissione anche alla luce del sole.
Verso il karate…

Nacquero così le scuole Okinawa-te (mano di Okinawa), dette anche Tōde (mano cinese). Queste si differenziavano in tre stili: Naha-te, Shuri-te e Tomari-te, ed in base alla zone furono influenzate da stili di combattimento diversi e assumendo peculiarità uniche. Nel 1756, secondo alcune testimonianze non ufficiali, fu rilevante il personaggio di Kūsankū (o Kūshankū) ambasciatore cinese a Okinawa ed esperto di kempo e quanfa. Si dice che fu Maestro di Sakugawa Kanga, nativo della città di Shuri ed inviato in Cina come funzionario per il pagamento dei tributi. Alla morte del suo Maestro creò il kata Kushanku, pietra miliare per molti stili di karate. Sakugawa Kanga fu il primo Maestro che tentò l’unificazione e la codifica di tutte le arti presenti sull’isola. Per uno sviluppo completo bisognerà aspettare circa un decennio, con il suo allievo Sokon Matsumura, guardia del corpo del re di Okinawa. Matsumura ebbe un ruolo molto importante nella storia del karate: fu l’ideatore del kata Passai (Bassai) e Maestro di grandi figure di spicco del karate: Anko Asato, Anko Itosu e Gichin Funakoshi.


Dopo la restaurazione Meiji (1868), durante la quale il clan dei Tokugawa venne definitivamente sconfitto e il potere tornò all’imperatore, venne emanata, nel 1873, una legge che aboliva la distinzione tra Samurai e comuni cittadini. Questo diede il colpo definitivo a tutte quelle forme di combattimento individuale il cui fine era l’eliminazione più o meno elegante dell’avversario e l’isola di Okinawa fu annessa ufficialmente al Giappone (1879). Tutto il patrimonio cinese fu eliminato e gli insediamenti distrutti; Molti degli abitanti dell’isola, cinesi e non, ritornarono in Cina. Il modello diventò quello giapponese: sistema educativo, parole e pronunce comprese. Fu Anko Itosu a realizzare il grande cambiamento del Tōde e a rinnovarlo, introducendolo per la prima volta nel sistema scolastico dell’isola (scuola maschile), in occasione di un’ esibizione avvenuta nel 1901 proposta in onore di un commissario scolastico giapponese: riscosse un apprezzabile successo. In realtà l’arte proposta aveva ben poco di marziale: le tecniche furono rese più sicure e meno applicabili, i kata troppo lunghi furono divisi: il Naihanchi classico fu diviso in tre e partendo da Kushanku creò i kata Pinan. Si iniziò a parlare anche di un’ulteriore classificazione: Shorin (tipico di Shuri e Tomari) e Shorei (Naha). Veloce, leggero e adatto alla corporatura snella il primo; potente, forte e adatto ad una corporatura più robusta il secondo. oggi questa divisione è usata anche per classificare i diversi kata. Più che un’ arte di combattimento, divenne un’ arte di miglioramento fisico e spirituale.
Con la morte di Itosu, il testimone passò ai suoi allievi, tra i più illustri abbiamo Gichin Funakoshi, considerato il padre del karate moderno. Sotto la guida di Itosu e Anko Asato, portò avanti la sua preparazione fino al 1921 quando il principe Hiroito fece tappa a Shuri. In questo luogo, Funakoshi organizzò in veste di presidente dello Shobukai (associazione dello sviluppo delle arti marziali ad Okinawa) una dimostrazione molto apprezzata, tanto che gli fu chiesto di andare a proporre questa nuova arte in Giappone, a Kyoto. Fu così che nel 1922, durante l’esposizione nazionale di educazione fisica, il Maestro partecipò come esponente del Tōde , fu la prima esibizione pubblica di quest’arte in Giappone. Da quel momento iniziò la diffusione in tutto il Giappone: Funakoshi fu convinto da Jigoro Kano (fondatore del Judo) a rimanere in Giappone ed ad organizzare un’altra esibizione nel suo dojo a Tokyo: il famoso Kodokan.


Per cercare di diffondere il più possibile quest’arte in Giappone, Funakoshi iniziò ad eliminare la terminologia cinese. Tōde divenne karate-Jutsu: il termine Tō in giapponese si legge Kara, fu cambiato con un altro kanji di pronuncia uguale ma con il significato di Vuoto, Jutsu sta invece per tecnica/arte (arte della mano vuota). I kata Pinan divennero Heian, Il Naihanchi si trasformò in Tekki. Passai in Bassai. Il kata Kushanku fu diviso in due: Kanku-Dai e Kanku-Sho. Nel frattempo il karate fu riconosciuto nel 1933 dal Dai Nippon Butoku Kai, l’organizzazione imperiale per l’educazione e la gioventù. Grazie all’amico Jigoro Kano, Funakoshi introdusse per il karate l’uso dei karategi, delle cinture e dei gradi kyu e Dan. Nel 1936 nacque il primo Dojo Shotokan, dalla volontà degli allievi di Funakoshi. Shotokan significa casa nel fruscio della pineta (“Shoto” era lo pseudonimo che Funakoshi usava da giovane nel firmare i suoi poemi). Nel XX° secolo, verso la fine del secondo conflitto mondiale per indicare un percorso più filosofico e spirituale e meno marziale, violento il termine Jutsu fu cambiato con il termine Do=Via, diventando karate-do (Via della mano vuota).
Oggi
La seconda guerra mondiale e l’impiego delle bombe atomiche distrusse il Giappone e lo lasciò in uno stato di completo disordine. Nel 1949 gli allievi di Funakoshi di ritorno dalla guerra iniziarono a riformare il dojo, ma soprattutto costituirono un organizzazione dedita alla ricerca, promozione, gestione nonché all’insegnamento del karate. Nacque così la JKA – Japan Karate Association nel 27 maggio 1949, con Funakoshi nelle veste di presidente. Nacquero diversi stili e correnti: le scuole più importanti nel mondo in questo senso furono e sono tutt’ora, lo Shotokan, il Wado-ryu, il Goju-ryu e lo Shito-Ryu.
Sotto il controllo americano, in tutto il Giappone si proibì la pratica delle arti marziali ritenute l’anima dello spirito militare giapponese. A Funakoshi venne chiesto di fare un tour nelle basi americane presenti in Giappone per presentare il karate e man mano che crebbe l’interesse degli occidentali per quest’arte Funakoshi fu ripetutamente invitato a dare dimostrazioni pubbliche. Con il tempo molti Maestri viaggiarono per il mondo, soprattutto in Francia, Italia, Stati Uniti e così il karate iniziò a diffondersi in tutto il mondo occidentale.
Dopo la morte di Funakoshi, nel 1957, la JKA fu riconosciuta come corporazione interna al Ministero dell’Educazione e venne istituito il primo torneo di karate, avvenimento che segnò l’affermazione del karate come sport.
La World Karate Federation, costituita nel 1970 in occasione del primo campionato del mondo e nota allora come WUKO (cambierà nome nel 1990), è tutt’oggi l’unica Federazione di karate riconosciuta dal CIO (Comitato internazionale Olimpico) ed è responsabile per le competizioni a livello mondiale. La WKF ha sviluppato regole sportive che governano tutti gli stili. Nel 2020 a Tokyo, il karate in tutti i suoi stili, sotto la WKF ha ottenuto la possibilità di partecipare ai giochi Olimpici per la prima volta, prerogativa estesa alle varie Federazioni (dei singoli stati) aderenti alla WKF. Nel 2021, conta la presenza di 196 stati membri.